I BIO-DISTRETTI: COSTRUIRE TERRITORI ATTRAENTI - Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, Maggio 2016
IN PRATICA
I BIO-DISTRETTI: COSTRUIRE TERRITORI ATTRAENTI


Kim Assaël e Giuseppe Orefice *

Introduzione

Il Bio-distretto affronta in modo nuovo, sulla base dei metodi e delle tecniche del biologico, la dimensione territoriale delle molteplici relazioni dell'agricoltura con l'ambiente, con il sociale e con la cultura delle comunità rurali, incluso il rapporto di queste con le aree urbane.

Nella stessa definizione coesistono due paradigmi concettuali, ma anche strategici e operativi: il Biologico e il Distretto. Per quanto riguarda quello biologico, riportiamo la definizione della Commissione Europea: "La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull'interazione tra le migliori pratiche in materia di ambiente, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali e l'applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali, nonché metodi di produzione in sintonia con le preferenze di una parte dei consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali."1

Tale definizione riconosce i principi, i metodi e le tecniche sperimentati e adottati dal Movimento Internazionale del Biologico in circa 100 anni; tecniche che poi sono diventate anche politiche e regolamenti nazionali e internazionali - standard di produzione, marchi di qualità, ecc.-, e che hanno permesso al biologico di crescere da un mercato di nicchia, fino ad affermarsi in 82 paesi con 78 milioni di ettari coltivati a biologico certificato con un valore di mercato dei prodotti alimentari biologici di oltre 72 miliardi di dollari l'anno (Willer e Lenourd, 2015).

L'agricoltura biologica ha come obiettivo principale non il raggiungimento d'elevati livelli di produzione ma la qualità e la sostenibilità dei fattori di produzione, primo fra tutti della terra. Il metodo di produzione biologico risponde alla domanda dei consumatori di alimenti e fibre salubri e sicure e fornisce beni e servizi pubblici con numerosi benefici di natura ecologica e sociale, definiti come servizi eco-sistemici. Inoltre, le produzioni biologiche, in virtù del loro legame con le risorse territoriali e della comunità locale, soprattutto conoscenze e saperi tradizionali, sono caratterizzate da elevata tipicità e da un notevole apprezzamento di mercato. Ne consegue che i prodotti agroalimentari sono patrimonio culturale della comunità territoriale ed elemento costitutivo dell'identità locale.

Il secondo paradigma, il distretto, riprende un approccio sviluppato dagli economisti industriali, che ha prodotto sia esperienze che normative di sostegno e promozione a livello europeo e nazionale. In particolare, i distretti in agricoltura e nella ruralità si possono ritrovare nell'evoluzione della politica comunitaria di sviluppo rurale, nell'ambito della quale sono valorizzati i principi di sostenibilità e di endogeneità e ne diventano i riferimenti principali.

A livello internazionale, gli studi e le analisi delle pratiche di sviluppo locale hanno prodotto contributi significativi di confronto tra i diversi approcci, incluso quello denominato di rete (Murdoch, 2000), di interesse particolare per le esperienze dei bio-distretti. Secondo tale teoria, infatti, le caratteristiche e la qualità delle relazioni sociali, economiche, culturali che definiscono la specificità e le dinamiche di sviluppo dei distretti ne determinano anche i vantaggi competitivi, il coordinamento tra attori economico-sociali presenti sul territorio; aumentano le economie esterne di scala e diminuiscono i costi di transazione -"efficienza collettiva" (Schmitz e Nadvi, 1999). In altri termini, l'aggregazione in una massa critica di attività produttive e di servizi complementari favorisce economie di scala e di scopo sia sul versante degli approvvigionamenti degli input di produzione, inclusa una maggiore capacità negoziale di accesso al credito, sia nei mercati, sia nello sviluppo di know-how specialistico difficilmente riproducibile.

Incontri di agro-ecologia con gli attori dei Bio-distretti

Questi elementi, insieme a una governance che coinvolge tutti gli stakeholder territoriali, determinano esiti di competitività di sistema, basato su produzioni di qualità certificate e da un forte legame con il territorio e con un elevato contenuto di tipicità, di conoscenze e cultura locale, "valore condiviso" nel radicamento sociale delle imprese territoriali. I Bio-distretti si collocano in un quadro politico-istituzionale che va dall'evoluzione delle politiche agricole e di sviluppo rurale e di quelle relative ai distretti industriali, fino a regolamenti che disciplinano, secondo standard, metodi di produzione ambientalmente più sostenibili, sistemi di controllo e utilizzo del marchio di certificazione, oltre che misure di tutela della biodiversità e degli agroecosistemi.

Il Piano d'azione del 2014 offre anche un contributo al raggiungimento degli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020 e nella nuova politica agricola comune: aumento di trasparenza, nel senso di tracciabilità della filiera dei mangimi, e maggiore impegno per la prevenzione delle frodi, incremento della fiducia dei consumatori, anche attraverso la promozione verso un maggiore ricorso alla ricerca e all'innovazione dell'European Innovation Partnership (EIP). Infine, il dibattito legislativo in corso a livello nazionale, agganciato agli indirizzi normativi europei in materia di agricoltura biologica e sviluppo rurale e anticipato da scelte compiute da alcune Regioni più` attive in materia (Sardegna, Liguria, Campania, ecc.), trova, nella strategia europea denominata 2020, un motivo di impulso. Essa prevede l'utilizzo coordinato dei Fondi strutturali e ciò permette di attuare strategie territoriali di sviluppo locale integrato, multisettoriale e multifondo, basate su un partenariato ampio e articolato, pubblico, privato e privato sociale, di governance multilivello, costituendo un'opportunità molto interessante per le realtà bio-distrettuali.

In realtà, il Bio-distretto è un prodotto proveniente dai territori, che non può essere definito né come modello, né come movimento sociale e neppure come semplice approccio agricolo. Si tratta di un approccio che interseca tutti questi aspetti. Esso si crea da intese sottoscritte dal "basso" tra diversi soggetti: produttori biologici, istituzioni locali, operatori turistici, scuole, centri di ricerca, che identificano nei principi, nei metodi e nelle tecniche del biologico, anche considerandone i limiti, un approccio innovativo per costruire strategie di sviluppo della comunità locale concretamente sostenibili. Questi processi di partecipazione attiva e diretta dei cittadini, oltre che degli stakeholder, di autodeterminazione della strategia di sviluppo territoriale rappresentano un'innovazione sociale di rilievo che, finalmente, riconnette istituzioni, politica e popolazione, ma difficilmente si riconcilia con i tentativi di stabilire criteri oggettivi di individuazione dei bio-distretti adatti ai contesti regionali.

Diffusione dei Bio-distretti

Il Bio-distretto territoriale rappresenta una soluzione innovativa e si inquadra: negli obiettivi concordati nella Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED, Rio 1992); nel piano d'azione dell'Agenda 21, che orienta le politiche dei diversi paesi verso lo sviluppo sostenibile, attribuendo alle Autorità Locali un ruolo centrale; nella Dichiarazione di Nyéléni, Sélingué (Mali, 2007), che afferma "la Sovranità Alimentare come diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica", e il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Inoltre, è coerente con l'Agenda 2030 approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite a settembre 2015,che impegna tutti i governi a lavorare per promuovere l'innovazione in tutti i campi dello sviluppo, in modo che sia partecipato, equo ed ecosostenibile.

In Italia sono una ventina le iniziative avviate, o in corso di attivazione, che interpretano l'agricoltura biologica in chiave territoriale. Tutte sono riconducibili a tre tipologie di intervento: i Bio-Distretti AIAB - Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica; i Distretti biologici nell'ambito dei progetti finanziati dal Ministero dell'Agricoltura Italiano "Biodistrict" e "Bioreg" (2009-2011); altri interventi di agricoltura biologica in chiave territoriale elaborati da varie organizzazioni e istituzioni locali e non riconducibili alle prime due tipologie. Sono i casi del Consorzio "Biogargano, nato in Puglia nel 2001, e quello dell'iniziativa "Terre del Bio" promossa dall'Associazione Città del Bio in diverse regioni. Lo stesso modello si ritrova in altri paesi europei e in altri continenti (Spagna, Portogallo, Francia, Austria, Svizzera, Africa, America Latina, Asia), spesso denominati eco-regioni.

Siamo convinti che la pratica sia più avanti e più ricca di ciò che appare nelle ricerche attualmente disponibili. E' sufficiente citare le esperienze di agro-ecologia in corso di realizzazione in America Latina, RIMISP, le numerose organizzazioni dei piccoli produttori e dell'agricoltura familiare dell'est e del sud dell'Africa, ESAFF o di Réseau des organisations paysannes & de producteurs de l'Afrique de l'Ouest (ROPPA) ecc.

L'esperienza dei Bio-distretti, che è associata alla rete internazionale INNER e presentata nel Padiglione KIP a Expo 2015, è nata in Italia nel Cilento (Salerno). Attualmente si sono costituiti 14 Bio-distretti in 10 Regioni (Campania, Calabria, Lazio, Marche, Toscana, Liguria, Piemonte, Trentino Alto Adige, Lombardia, Sicilia) e altri sono in via di realizzazione. Essi coinvolgono circa 132 comuni, più di 600 mila abitanti e ca. 1.300 imprese. E' importante sottolineare che questa dei Bio-distretti italiani rappresenta solo una parte delle esperienze in corso di attuazione nei diversi territori, seppure la più completa.

Bio-distretti, infatti, si sono poi diffusi in tutto il paese e in Europa, Francia, (BioVallée), Austria (Mühlviertel), Svizzera (Valposchiavo), e, dopo solo un anno dalla costituzione della rete INNER, a essa si sono associati e/o sono stati coinvolti altri territori come il Portogallo (Valle di Minho), la Slovacchia (Bio-distretto dei Monti Tatra), le Canarie-Spagna (Biodistretto Tenerife), l'Albania, il Marocco, il Senegal, la Tunisia, l'Ungheria.

A quali necessità cerca di rispondere il Bio-distretto?

La nascita dei Bio-distretti generalmente risponde al bisogno di:

  • aumentare la redditività economica delle imprese bio, principalmente attraverso l'integrazione di filiera, il supporto alla commercializzazione dei prodotti nel mercato locale (circuiti di vendita "corti", vendita diretta, gruppi di acquisto, green procurement della pubblica amministrazione), tutela del potere contrattuale dei produttori all'interno della filiera agroalimentare;
  • migliorare le condizioni di vita e di lavoro in agricoltura con azioni per migliorare i servizi di base (istruzione, sanità, mobilità e connettività ICT) e favorire la diffusione di servizi di sostituzione al fine di garantire una maggiore continuità della gestione aziendale.

Azienda "Il sentiero del riccio" di Giampaolo Mancini, Sicignano degli Alburni (Cilento, Salerno)

Il Bio-distretto intende rispondere ai bisogni connessi alla permanenza nel mercato delle imprese bio e svolge attività di sostegno del reddito attraverso strategie organizzative multifunzionali. La multifunzionalità è un percorso evolutivo dell'impresa agricola e agroalimentare, che svolge le sue attività in almeno tre ambiti: economico (Henke e Salvioni, 2010), relativa alla produzione e alla trasformazione nel senso della salubrità e della sicurezza alimentare; ambientale, per la tutela del paesaggio, la salvaguardia della biodiversità e il recupero delle risorse naturali; sociale, come capacità di fornire servizi di pubblica utilità, il recupero delle tradizioni culturali, la gestione dell'equilibrio tra ambiente rurale e produzione, l'offerta di attività turistiche, ricreative o didattiche, le azioni di inclusione sociale di gruppi di popolazione con difficoltà sociali, psicologiche e fisiche.

Pertanto, le scelte strategiche comuni che caratterizzano i bio-distretti includono:

  • Mixed Farming: questa sfida non è sempre realizzabile a livello aziendale, soprattutto dove le imprese agricole hanno un'estensione ridotta, ed è, pertanto, opportuno promuovere progetti territoriali e associativi quali i bio-distretti.
  • Accesso alla terra: sempre più difficile per chi non dispone di ingenti risorse economiche e, in particolare, per i giovani che intendono diventare agricoltori. Nei biodistretti è promosso un vero e proprio "rinascimento agricolo" che segna una discontinuità con il passato e si ispira al biologico come modello di riferimento per l'insieme dell'agricoltura, in grado di rivitalizzare, ad esempio, le aree demaniali e le terre incolte, ridando dignità e redditività al lavoro agricolo.
  • Rapporti più equi nella filiera: creando nuove relazioni dirette tra produttori e consumatori, adottando modelli distributivi alternativi (filiera corta, Gruppi di Acquisto Solidale, acquisti bio per le mense scolastiche, gli ospedali e altri servizi pubblici, ecc.).
  • Sovranità alimentare: riconoscendo alle comunità locali il diritto di decidere autonomamente cosa e come produrre. La semplificazione del sistema di controllo e certificazione del biologico, per renderlo meno burocratico, più efficace e inclusivo, ricorrendo ad esempio alla "certificazione di gruppo" e ai Sistemi Partecipativi di Garanzia. Nei Bio-distretti, l'alta concentrazione di aziende biologiche rende più agile il controllo e, spesso, è l'intera comunità che contribuisce a vigilare e garantire la corretta applicazione del metodo di produzione da parte dell'operatore agricolo.
  • La comunicazione del biologico, per trasmettere in modo più efficace i valori del bio: alimentare, etico, sociale, ambientale. La promozione della cultura del biologico non si orienta più solo a riconvertire in chiave eco-sostenibile le singole aziende, ma piuttosto gli interi territori con vocazione biologica.

Gli attori, le attività e i risultati principali

Nelle aree geografiche che decidono di realizzare un Bio-distretto si stabilisce un patto tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse, sulla base del modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio) e la promozione dei prodotti biologici si coniuga con la promozione del territorio e delle sue peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali. Con la nascita di un biodistretto vengono messe in rete le risorse naturali, culturali, produttive di un territorio che vengono valorizzate da politiche locali orientate alla salvaguardia dell'ambiente, delle tradizioni e dei saperi locali.

Generalmente, la spinta propulsiva alla costituzione di un bio-distretto proviene dagli agricoltori biologici che ricercano mercati locali in grado di apprezzare le loro produzioni e dai cittadini/consumatori, sempre più interessati ad acquistare a prezzi onesti alimenti sani e in grado di tutelare la salute e l'ambiente. Sono, però, molti altri i soggetti e le organizzazioni che rivestono un ruolo determinante nella costituzione e nella gestione di un bio-distretto, come le pubbliche amministrazioni e le scuole con le loro attività, gli acquisti sempre più "verdi" e gli operatori turistici, attraverso gli eco-itinerari e il turismo rurale che puntano alla riqualificazione e alla destagionalizzazione dell'offerta turistica.

Il bio-distretto adotta un approccio integrato di sviluppo sostenibile basato sul coinvolgimento dei diversi attori verso obiettivi di miglioramento della qualità di vita e di lavoro della popolazione locale, riduzione del decremento demografico delle aree rurali, aumento di occupazione giovanile e femminile, qualità delle produzioni agro alimentari e zootecniche locali tipiche, garanzia di sicurezza, tracciabilità e salute degli alimenti, de-stagionalizzazione delle presenze turistiche attraverso un'offerta diversificata di eco-turismo e cultura locale, salvaguardia e valorizzazione di biodiversità, paesaggio e risorse naturali.

Un aspetto qualitativo di particolare rilievo è realizzato dai Bio-distretti nel campo dell'agricoltura sociale, attraverso l'inserimento lavorativo in azienda o il recupero terapeutico di persone svantaggiate. Queste pratiche richiedono una molteplicità di competenze e una stretta collaborazione tra attori e politiche che generalmente operano in modo rigorosamente separato (Agricoltura, Sanità, Politiche sociali e del lavoro, Istruzione, Giustizia). In quest'ambito, il laboratorio Bio-distretto permette di sperimentare nuove forme integrate di community welfare.

I risultati significativi che riportiamo di seguito, solo a titolo di esempio sono, infatti, relativi al Bio-distretto del Cilento in quanto capostipite pioneristico dei distretti biologici, sicuramente oggetto di studi più di altri.

Il Bio-distretto del Cilento

Il territorio Cilentano, in provincia di Salerno, si estende su di una superficie di 3.196 kmq e interessa ben trentatré Comuni. Culla della "dieta mediterranea", famoso per lo stile e la qualità` della vita e ricco di risorse naturali (Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Riserva di Biosfera MAB-UNESCO) e attrattori culturali (siti archeologici di Paestum ed Elea Velia, Certosa di Padula), è un territorio in cui l'idea del bio-distretto è stata promossa da AIAB e discussa con gli attori locali sin dal 2004.

Il processo di consultazione e animazione territoriale ha condotto, nel 2009, al riconoscimento formale del "Bio- distretto Cilento" con deliberazione della Regione Campania. Nel 2011 nasce l'Associazione non profit "Bio-distretto Cilento", coordinata dall'AIAB Campania e incaricata della gestione dell'iniziativa. Produzioni tipiche e multifunzionalità caratterizzano le aziende agricole del Bio-distretto che è nato con l'ambizione di rappresentare "un laboratorio permanente di sperimentazione di idee per uno sviluppo etico, equo e solidale del territorio" in grado di coinvolgere amministrazioni e istituzioni locali, operatori economici, cittadini e consumatori.

Il Bio-distretto Cilento (Salerno): alcuni dati delle attività

Il Bio-distretto Cilento ha cominciato il processo mettendo in rete le aziende biologiche e le associazioni di produttori con gli enti associati al circuito delle Città del bio, i ristoratori, gli operatori eco-turistici e i consumatori, attraverso iniziative di filiera corta commerciale, alla ricerca di mercati in grado di apprezzare le loro produzioni. In tre anni il Bio-distretto Cilento è riuscito a coinvolgere un numero importante di attori locali che hanno promosso la costituzione del Bio-distretto. Le aziende biologiche coinvolte sono 400 (il 23% delle aziende bio del territorio regionale). Si tratta, per lo più, di realtà di piccole dimensioni, con una superficie agricola media di cinque ettari. L'insieme della Superficie Agricola Utilizzabile è di circa 2.000 ettari, suddivisa in coltivazioni arboree (32%), seminati/ortive (22%), prati e pascoli (46%). Le aziende con allevamento presentano una dimensione molto ridotta per i bovini (in media quattordici capi per allevamento). L'eccezione è rappresentata dagli allevamenti bufalini, che in media superano gli ottantacinque capi per azienda.

Le 400 aziende agricole biologiche, aderendo al Patto per il Bio-distretto, si sono impegnate a produrre tipico, biologico e OGM free, nel rispetto dei principi etici e sociali che sono alla base dell'agricoltura biologica. Il fatturato medio delle aziende che partecipano attivamente (mercatini del biologico, fiere, promozioni estive negli stabilimenti balneari) è cresciuto negli ultimi due anni del 20%. L'intera produzione, oggi, è collocata sul mercato come biologica e non più, come avveniva in precedenza, in parte o in toto sui mercati del convenzionale.

Le Pubbliche amministrazioni

Partecipano al Bio-distretto Cilento trentatré Amministrazioni comunali del territorio. Il loro ruolo è fondamentale per realizzare attività informative, di promozione dell'agricoltura biologica e della salvaguardia ambientale, attività educative sulla corretta alimentazione nelle scuole, oltre all'attivazione di mense biologiche e di altre iniziative di acquisti verdi. Partecipano alle attività del Bio-distretto anche la Provincia di Salerno e la Regione Campania, orientando i propri piani e programmi di finanziamenti verso il territorio. Numerosi altri Comuni della zona, coinvolti dai risultati raggiunti, hanno presentato la proposta di adesione all'iniziativa. Il Comune di Ceraso è la capitale del Bio-distretto Cilento e ne ospita la sede: un punto di aggregazione per il biologico del territorio e anche di livello nazionale e internazionale, accogliendo visitatori ed esperti del settore di tutto il mondo.

Il Bio-distretto, inoltre, ha messo in rete gli esercizi commerciali e turistici (più di venti ristoranti e dieci stabilimenti balneari), configurando un mercato locale, sia nelle aree interne sia in quelle costiere a vocazione turistica, in grado di apprezzare le bio-eccellenze del territorio e, nel contempo, di salvaguardare e tutelare la biodiversità e la tipicità delle produzioni. Questa filiera corta include il primo Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) del Bio-distretto e diversi Mercatini Biologici, che permettono ai consumatori di stabilire un rapporto diretto con le aziende agricole bio e di conoscere i luoghi di produzione. Infine, i prodotti migliori delle aziende biologiche del Cilento sono proposti in un Paniere, di tante bio-eccellenze stagionali.

Per quanto riguarda il turismo, sono stati creati i bio-sentieri, itinerari eco-turistici certificati attraverso la "Carta dei principi per un turismo sostenibile nelle aree rurali", che attraversano i principali luoghi del biologico (aziende agricole, siti ambientali di rilievo per la conservazione della biodiversità e delle tradizioni locali) e creano collegamenti tra le zone rurali interne e le aree turistiche costiere. Con le bio-spiagge, in collaborazione con gli stabilimenti balneari e i Comuni costieri, si realizzano iniziative di marketing territoriale e azioni di informazione e educazione alimentare, per presentare i prodotti bio e i bio-sentieri sulle spiagge grazie a figure professionali opportunamente formate (Biobagnini e Bioanimatori).

L'assistenza tecnica e i finanziamenti

Il Bio-distretto offre, a tutte le aziende agricole biologiche che ne fanno richiesta, assistenza tecnica gratuita, grazie ad azioni finanziate dalla Regione Campania. Molte aziende, spinte anche dall'incremento della domanda di prodotti generata nel territorio, hanno presentato progetti di ammodernamento strutturale alla Regione Campania, per ridurre i costi di produzione, elevare il livello qualitativo delle produzioni, anche attraverso riconversioni produttive agricole, promuovere la diversificazione delle attività nell'azienda agricola (trasformazione prodotti agricoli), tutelare e migliorare l'ambiente naturale, rafforzare la capacità contrattuale del settore primario e intercettare ulteriori quote di valore aggiunto2, potenziare e diffondere la tecnologia avanzata al servizio delle aziende agricole. E' oggi disponibile la prima analisi nazionale sui Bio-distretti nell'ambito del progetto DIMECOBIO, coordinato da ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) e finanziato dal Ministero dell'Agricoltura, che presenta i risultati di un primo approfondimento per misurare la competitività del "sistema territoriale bio-distretto"3. Con l'approfondimento sull'esperienza del Bio-distretto Cilento in Campania, nello studio l'analisi effettuata sposta l'attenzione dalla valutazione delle potenzialità` di un territorio in chiave bio-distrettuale al monitoraggio di una specifica esperienza in via di sviluppo, e propone uno strumento di monitoraggio e gestione applicabile anche in altri contesti bio-distrettuali nazionali ed esteri.

Innovatività del sistema: Bio-distretti, territori attraenti.

È a partire dall'alleanza tra attori territoriali per valorizzare il capitale territoriale e sociale inutilizzato o depauperato o, peggio, in via di sparizione, attraverso una visione del futuro condivisa, che si costruisce, progressivamente e con la partecipazione di tutta la comunità locale, un territorio attraente per tutti. Esso, di fatto, è una scelta strategica di qualità dello sviluppo che coglie novità importanti nelle tendenze in atto. Innanzitutto, la crescita della sensibilità ambientale e sociale dei consumatori, che diventano co-protagonisti della produzione di valore. Le tecnologie della comunicazione che permettono forme nuove di partecipazione alla co-progettazione di nuovi prodotti, alla co-valutazione di sicurezza e di salubrità degli acquisti (km0, biologico, equo e solidale) fino alla scelta via web dell'azienda.

Emerge un protagonismo delle comunità locali, che si auto-organizzano per affrontare disagi comuni e/o gestire beni comuni, che diventano valore e reddito per le comunità, anche per superare i limiti e l'inadeguatezza delle politiche pubbliche di assistenza allo sviluppo, caratterizzate da un alto grado di frammentazione, settorialismo e assistenzialismo. I cittadini esprimono nuovi bisogni, richiedono una maggiore qualità delle risposte e dei processi democratici e di partecipazione diretta nella costruzione di un nuovo welfare inclusivo. Tali dinamiche, in considerazione della drastica riduzione delle risorse statali e del decentramento della presa in carico dei bisogni, rendono indispensabile che gli enti locali svolgano un ruolo determinante nella sperimentazione di politiche diffuse e condivise orientate ad aumentare l'attrattività del territorio, con una particolare attenzione alla coesione sociale, alla diffusione delle conoscenze, all'accessibilità e alla libertà di movimento, alla tutela e alla fruibilità dell'ambiente naturale, storico-architettonico e urbano, alla qualità del paesaggio e della vita dei cittadini.

Anche la globalizzazione, che, sebbene secondo molti interpreti avrebbe spazzato via i territori e appiattito il pianeta, aiuta la costruzione di reti a dimensione globale. Le reti offrono potenti strumenti di moltiplicazione delle opportunità a quelle comunità locali che scelgono, consapevolmente, lo scenario globale come ambito nel quale collocarsi secondo le proprie radici, per produrre un futuro per le nuove generazioni. Il Bio-distretto si configura, quindi, come una promettente piattaforma intorno alla quale sperimentare forme nuove di modernizzazione delle aree rurali in cui promuovere e realizzare "strade e percorsi" originali nei processi di sviluppo economico, che si integrano nell'economia europea e nei suoi modelli imprenditoriali, gestionali e di governance. Aree territoriali che scelgono strategie locali forti eco-sostenibili e inclusive, per confrontarsi con tutte le regioni europee e che internazionalizzano la propria cultura.

Lavori in corso per il futuro dei bio-distretti: incontro nel Padiglione KIP a Expo 2015

Prospettive di sviluppo del sistema

I Bio-distretti sono, dunque, terreno di sperimentazione, di formule competitive e di modi di fare impresa appropriati per economie territoriali che scelgono di collocarsi all'interno di mercati evoluti, soprattutto internazionali.

L'esperienza innovativa dei bio-distretti ha dimostrato: di favorire la transizione dell'economia e del sistema sociale verso l'economia e la società della conoscenza, consolidando la crescita nel territorio di sistemi produttivi knowledge intensive e knowledge based; che è possibile costruire un management pubblico e privato in grado di sostenere, in modo realistico e appropriato, l'evoluzione e lo sviluppo di società complesse e differenziate in grado di affrontare le sfide globali; attivare una rete capace di valorizzare gli scambi di informazioni ed esperienze sulle politiche di sviluppo sostenibile, sociale ed economico, tra i territori che hanno scelto il modello bio, promuovere un'aggregazione che accresca un'efficace presenza sui mercati e proponga nuove modalità di cooperazione internazionale.

Per consentire un proficuo scambio di esperienze tra le realtà` distrettuali esistenti sul territorio nazionale e all'estero, la costituzione della Rete internazionale dei Bio-Distretti. INNERInternational Network of Eco-regions rappresenta un primo importante sforzo di coordinamento che risponde concretamente a una critica frequentemente mossa alle realtà` distrettuali italiane le quali, al contrario delle iniziative dell'approccio LEADER, non formano una rete, non hanno scambi e non possono contare su forme di cooperazione (Toccaceli, 2012).

La finalità della Rete internazionale IN.N.E.R, è quella di migliorare e qualificare il sistema dei bio-distretti connettendolo alle reti lunghe della conoscenza e favorire la creazione di network internazionali in grado di essere luogo di costruzione di competenze per l'innovazione e la competitività del sistema. La sua costituzione corrisponde, infatti, a una duplice necessità dei bio-distretti: da un lato, rafforzare e migliorare le pratiche in atto attraverso una strategia di coordinamento per lo sviluppo e l'innovazione continua con azioni comuni e scambi di informazioni, conoscenze ed esperienze; dall'altro, accrescere la sostenibilità delle esperienze attraverso una maggiore capacità di promuovere politiche di sostegno a livello locale, nazionale e internazionale. Le buone pratiche sperimentate e valutate nei diversi territori diventano, così, patrimonio comune e la comunicazione, orgogliosa dei progressi compiuti in ogni bio-distretto, aumenta la fiducia e la reputazione, rende possibile ampliare le alleanze necessarie con movimenti e organizzazioni della società civile, oltre il posizionamento di mercato verso forme di sviluppo realmente sostenibili e inclusive.

In tal modo, il sistematico scambio di informazioni, esperienze e conoscenze tra i bio-distretti favorisce i processi di miglioramento continuo e sostiene la cultura dell'innovazione, incrementa la trasparenza e crea fiducia e reputazione sia verso i consumatori che verso i diversi livelli di governo che devono definire quadri normativi di tutela e valorizzazione delle nostre esperienze. Sono in corso la raccolta e l'analisi dei dati dalle diverse esperienze, attraverso metodologie di analisi partecipata dei bisogni e di ricerca-azione partecipativa, per una misurazione costante delle dinamiche e dei risultati socio-economici e ambientali dei biodistretti.

Le richieste di sostegno alla creazione di nuovi bio-distretti provengono da gruppi di interesse molto differenti: gruppi di ambientalisti mobilitati contro il degrado ambientale, amministratori locali che intendono valorizzare le potenzialità delle comunità, gruppi di agricoltori biologici e di consumatori consapevoli che, finalmente, nei bio-distretti colgono l'opportunità di darsi una strategia di sviluppo integrato e sostenibile da condividere con tutti gli attori e la comunità locale. E' stato messo a punto un servizio di assistenza tecnica che sostiene la partecipazione comunitaria all'individuazione di soluzioni appropriate ai principali problemi delle comunità locali e di negoziato tra gli attori territoriali sulle priorità sui quali costruire il bio-distretto. A tale riguardo è stato preparato un TOOL KIT4.

Inoltre, si offre supporto al consolidamento e allo sviluppo dei bio-distretti attraverso un "indice ragionato di Piano Strategico di Area" che prevede l'individuazione di obiettivi condivisi e una codifica in forma di risultati concreti attesi, anche sulla base di uno scouting delle opportunità di risorse, nazionali, comunitarie e internazionali. Gli indicatori di risultato, proposti come costitutivi del Piano Strategico di Area, hanno lo scopo di rendere comunicabile l'avanzamento della strategia alla cittadinanza e a tutti i soggetti variamente interessati alla sua riuscita. Ciò consente anche l'integrazione delle risorse finanziarie pubbliche e private, evitando le sovrapposizioni e la frammentazione.

BIO-albero della vita nel Bio-distretto della Via Armerina e delle Forre (Viterbo)

Recentemente, l'équipe di INNER ha seguito, a distanza e in presenza, l'avvio dell'iter previsto per la costituzione del bio-distretto in diverse realtà, con l'avvio di Comitati promotori a Tenerife (Canarie - Spagna), nella Valle del Minho (Portogallo), nella regione dei Monti Tatra (Slovacchia), nella Valle del Simeto (Sicilia-Italia).

Risulta di particolare rilievo la creazione dei Gruppi Operativi per l'Innovazione, ai quali partecipano agricoltori, trasformatori, distributori e commercianti di alimenti, specialisti del biologico e dell'agro-ecologia, nonché università e centri di ricerca, in modo da individuare e monitorare le innovazioni utili a migliorare la qualità delle produzioni.

I bio-distretti, quindi, si configurano anche come luoghi di apprendimento continuo fondati sulla cultura dell'innovazione; si propone un cambiamento di paradigma secondo il quale si riduce l'uso di risorse non rinnovabili e si attivano dinamiche endogene di sviluppo anche dal punto di vista sociale e politico-istituzionale. La produzione agro-alimentare diventa coevoluzione di cultura e natura, uomo e paesaggio. In questo quadro, dal 2014 - in collaborazione con il programma IDEASS (Innovation for Human Development) e con la KIP International School - è stata promossa, a livello internazionale, la metodologia innovativa del bio-distretto. Sono pervenute, fino ad ora, richieste di assistenza tecnica per la loro realizzazione, dall'Albania, dalla Tunisia, dal Senegal e dal Marocco. Inoltre, è stata avviata un'attiva collaborazione con l'Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino, garante della coesione territoriale del Mediterraneo.

Sul versante della ricerca e sviluppo, oltre che essere membri della Piattaforma tecnologica "TPorganics" promossa dall'IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements), è operativo il partenariato per la promozione del modello "Bio-distretto" con il CIHEAM-Bari (Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari). Infine, la Rete INNER ha stretto relazioni di partenariato con il Programma ILS LEDA (International Links and Services for Local Economic Development Agencies) con il quale, recentemente, si è concordata la messa in campo di un piano di azione congiunto che sostenga, nei paesi in cui operano le Agenzie, la realizzazione di bio-distretti. In particolare, INNER favorirà la cooperazione con i bio-distretti aderenti, riconosciuti come contesti di apprendimento e innovazione, e metterà a disposizione esperti nei campi del biologico, dell'agro-ecologia, del marketing sociale e territoriale.


Riferimenti Bibliografici

Henke, R., Salvioni, C. (2010) "Diffusione, struttura e reddittività delle aziende multifunzionali", in Agriregionieuropa n. 20 http://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/20/diffusione-struttura-eredditivita-delle-aziende-multifunzionali
Murdoch, J. (2000) "Networks: a new paradigm of rural development", Journal of Rural Studies 16, pp. 407-419. Schmitz, H., Nadvi, K. (1999) "Clustering and Industrialization: Introduction", World Development, 27:9, pp.503-1514.
Toccaceli, D. (2012) "Dai distretti alle reti? I distretti in agricoltura nell'interpretazione delle Regioni e prospettive verso il 2020". Working paper. Rete Rurale Nazionale, Roma. http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10221
Willer, H., Lenourd, J. (2015) "The World of Organic Agriculture. Statistics and Emerging Trends 2016", pp. 34-114, FIBL & IFOAM - ORGANICS INTERNATIONAL, https://shop.fibl.org/fileadmin/documents/shop/1698-organic-world-2016.pdf http://www.biodistretto.net http://www.biodistretto.it

* Kim Assaëllavora nella segreteria della rete internazionale IN.N.E.R occupandosi di progettazione e supporto organizzativo per la creazione di Bio-distretti.
Giuseppe Orefice è Segretario Generale della rete internazionale IN.N.E.R e responsabile dell'Area Sviluppo Territoriale della Società in house "Sviluppo Campania".


1 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Piano d'azione per il futuro della produzione biologica nell'Unione Europea, Bruxelles, 24.3.2014 COM (2014) 179.

2 Diversi mercati europei del biologico hanno in comune l'indagine sulla catena del valore dei Bio-distretti per esaminare come si combinano il valore e i volumi del biologico in un Bio-distretto. Un raffronto fra tre casi studio in Cilento (Italia), in BioVallèe (Francia) e nella Bioregion Mühlviertel (Austria) è presentato nel progetto comunitario HealthyGrowth, promosso nell'ambito di Core Organic II, http://www.healthygrowth.eu

3 SINAB (2015) Bio in cifre. http://www.sinab.it/sites/default/files/share/bio%20in%20cifre%202014_7.pdf

4 Vedi il sito della Rete Internazionale dei Bio-distretti - IN.N.E.R. http://www.ecoregions.eu

Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, Maggio 2016





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