Sara Swartz - Universitas Forum, Vol. 2, No. 2, July 2011
EDITORIALE
MEDICINE TRADIZIONALI E SVILUPPO UMANO

Sara Swartz*

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “la medicina tradizionale (MT) fa riferimento ai saperi, le competenze e le pratiche basate sulle teorie, le credenze e le esperienze indigene di diverse culture, utilizzate per il mantenimento della salute e per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di malattie fisiche e mentali. La medicina tradizionale comprende un'ampia varietà di terapie e pratiche che variano da paese a paese e da regione a regione. In alcuni paesi, vi si fa riferimento come medicina ‘alternativa' o ‘complementare'. La medicina tradizionale è stata utilizzata per migliaia di anni con rilevanti contributi dei suoi terapeuti alla salute umana, in particolare da quelli che hanno operato a livello di base e comunitario”[1].

Nel trentesimo anniversario della Dichiarazione di Alma Ata (2008), il programma IDEASS dell'iniziativa KIP ha organizzato un seminario internazionale su “Innovazione e sviluppo in sanità: integrazione delle medicine complementari e tradizionali (MCT) nei Sistemi sanitari pubblici” durante il quale professionisti del settore sanitario, accademici, rappresentanti dei Ministeri della Sanità e di organizzazioni internazionali di 26 paesi hanno condiviso le loro esperienze in questo ambito. Il seminario si è concluso con una dichiarazione che sottolinea l'importanza della MCT per i sistemi sanitari, per il suo contributo alla qualità della vita, in senso fisico, mentale e spirituale, e allo sviluppo sociale ed economico, per la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale e, infine, per il rafforzamento delle pratiche interculturali e del rapporto tra i diversi sistemi di sapere. Il seminario ha anche rilevato come molti attori provenienti da contesti diversi abbiano sviluppato una gamma di esperienze e pratiche positive, evidenziando il bisogno di diffusione di questi saperi accumulati.

Questo numero di Universitas Forum intende contribuire a rispondere a questo bisogno espresso da più parti. Prendendo le mosse dalle esperienze d'integrazione della MCT nei sistemi sanitari nazionali di Cina, Cuba, Guatemala, India, Italia, Mali, Messico, Mozambico, Serbia e Sudafrica, gli articoli qui pubblicati illustrano la misura in cui questa pratica esiste ed è cresciuta in molti paesi. Essi propongono strumenti critici, concettuali e metodologici, che servono a svilupparne il potenziale politico ed epistemologico, ad incoraggiare l'“articolazione tra le medicine” e le diverse forme di sapere (Morin, 2008), ad innovare l'organizzazione dei sistemi sanitari, a migliorare la qualità della cura e, più in generale, il rapporto tra lo sviluppo e la dignità umana.

Secondo Morin, la medicina occidentale ha ampiamente ignorato le altre medicine legate alle pratiche e ai saperi tradizionali, etichettandole come “superstizioni”. Queste altre medicine, tuttavia, continuano ad esistere e, sempre più, a coesistere con i sistemi medici occidentali stessi, approfittando anche dei limiti e delle debolezze di questi. Questo paradosso è dovuto in gran parte all'iperspecializzazione della medicina occidentale, che inibisce la comunicazione sia interna, tra le sue diverse discipline, sia con le altre medicine. Nel suo articolo, originariamente pubblicato nel primo numero di Universitas Forum, Morin argomenta a favore dello sviluppo di strumenti concettuali che favoriscano la messa in rete e l'articolazione tra i diversi saperi che, a loro volta, richiedono una riforma dell'educazione e del modo di pensare.

Rifacendosi all'esperienza del Guatemala, Lourdes Xitumul Piox discute della dimensione politica dell'integrazione della medicina tradizionale, concentrandosi sulla relazione tra pratiche interculturali ed esclusione sociale. “Il processo di salute-malattia che colpisce la popolazione guatemalteca non può essere ridotto allo squilibrio fisico dell'individuo, ma è impregnato del razzismo che genera alterazioni sociali, individuali e collettive. L'esclusione si è manifestata già nei confronti delle abilità e dei saperi che gli anziani [indigeni] hanno sviluppato nel corso delle generazioni: venivano esclusi, infatti, dalle politiche sanitarie nazionali con la scusa che erano mere superstizioni, senza basi ‘scientifiche'”. Il dibattito sulle pratiche interculturali in sanità, conclude l'autrice, si basa sulla pertinenza culturale delle diverse pratiche sociali e sulla capacità di adattare i servizi di salute alla cultura delle persone: “implica valorizzare, rispettare e utilizzare la medicina tradizionale e alternativa come un elemento terapeutico di valore, partendo da un dialogo tra pari”.

Il potenziamento e la valorizzazione delle risorse della medicina tradizionale per lo sviluppo umano attraverso la ricerca-azione partecipata è il tema di una riflessione metodologica di Sergio Giani e Rokia Sanogo, che si basano sulla loro esperienza in Mali. Secondo i due autori è fondamentale creare dei ponti tra gli operatori dello sviluppo e i ricercatori: ma è tempo di procedere oltre la creazione di inventari sui saperi e le pratiche locali per avviare un dialogo con gli attori della medicina tradizionale sulle priorità per la salute, l'ambiente e lo sviluppo sociale ed economico – temi che li riguardano direttamente. Giani e Sanogo propongono un approccio di ricerca che possa facilitare ed accompagnare un processo di sviluppo che valorizzi il ruolo dei terapeuti tradizionali nei sistemi locali di salute e la protezione della biodiversità, al fine di avviare delle trasformazioni positive. A questo scopo, i due autori ritengono che la ricerca-azione partecipata sia più adatta rispetto alla classica ricerca antropologica.

Nella sezione “In pratica”, i casi di Cina, India e della Regione Toscana in Italia rappresentano tre esempi significativi e di successo d'integrazione della MCT nei sistemi sanitari ufficiali.

La Cina è uno dei pochi paesi in cui la medicina tradizionale è stata completamente integrata all'interno del sistema sanitario nazionale, con tutto il suo unico e sofisticato sistema teorico. Nel loro articolo, Zhu Liming, del Centro nazionale di monitoraggio per la qualità della medicina tradizionale cinese, e Zhang Qi e Wim Van der Lerberghe, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, descrivono la MCT come una componente fondamentale del sistema sanitario cinese sia per l'offerta di servizi molto richiesti dalla popolazione, sia per la quota dei finanziamenti pubblici che assorbe.

M Krishnapriya Premachandra analizza l'integrazione del sistema di medicine che comprende ayurveda, yoga, naturopatia, unani, siddha e omeopatia (AYUSH nell'acronimo inglese) nel sistema sanitario indiano, mostrando l'importanza di queste medicine in termini di allocazione di fondi, sostegno istituzionale, schemi assicurativi, crescita del settore manifatturiero e riforma nel campo dell'istruzione. Il suo studio mostra che la medicina tradizionale e complementare è molto richiesta sia dalle persone che vivono nelle aree urbane, sia dagli abitanti delle aree rurali più povere, e mette in rilievo il bisogno di risposte di qualità di tipo diverso da quelle che la medicina occidentale sa dare.

Spostandosi in un contesto europeo, la Regione Toscana in Italia rappresenta un interessante caso di studio, sia rispetto all'integrazione della medicina non convenzionale nel sistema sanitario regionale, sia per le sue attività nella cooperazione internazionale. Secondo gli autori, l'esperienza toscana è considerata una delle più significative in Italia ed è un punto di riferimento in Europa.

In ciascuna di queste esperienze, gli elementi chiave per il loro successo sono stati la creazione di condizioni favorevoli da parte delle politiche pubbliche e i conseguenti investimenti di risorse, sia direttamente sia attraverso vari schemi assicurativi pubblici e privati. Sono anche importanti le esperienze ibride e innovative collegate alla creazione di infrastrutture pubbliche dove operano sia servizi di tipo occidentale che di MTC o di istituti universitari dove gli insegnamenti e le ricerche fanno riferimento tanto alla medicina occidentale che a quella tradizionale. Assicurare un equilibrio tra “il patrimonio della tradizione e il contributo dell'innovazione” (Zhang Qi et al.) attraverso la scienza moderna e la tecnologia, garantendo allo stesso tempo i diritti di proprietà intellettuale per i terapeuti tradizionali e i loro trattamenti laddove siano stati testati e ne sia stata provata l'efficacia, è fondamentale – ma rimane una sfida in molti contesti, specialmente in Africa. Conclude Premachandra: “la forza dei saperi delle persone e i loro legami con i sistemi indigeni sono una risorsa positiva per i paesi poveri, al fine di garantire una migliore risposta ai bisogni di salute del futuro”.

Le esperienze africane sottolineano il ruolo importante che i terapeuti tradizionali (TT) giocano nei sistemi sanitari nazionali in Mali e in Sudafrica, e il modo in cui alleanze tra ricercatori universitari e TT siano state strumentali alla creazione di collaborazioni tra TT e il personale di strutture sanitarie sia a livello distrettuale che regionale, secondo modalità efficaci a livello clinico e rispettose delle specificità culturali. Nceba Gqaleni et al. descrivono un'alleanza tra TT, operatori sanitari e l'università del KwaZulu-Natal che ha portato ad una collaborazione a livello distrettuale sul tema del counseling sull'HIV, mentre in Mali, l'incontro tra un gruppo di ricercatori italiani e le istituzioni sanitarie regionali di Bandiagara hanno fatto di questo luogo, da 25 anni, un terreno di osservazione e sperimentazione dell'articolazione tra la medicina tradizionale e quella occidentale. Coppo et al. presentano la creazione di un Centro di ricerca regionale sulla medicina tradizionale e il lavoro che il Centro svolge, in collaborazione con il Ministero della Salute, al fine di mappare, valutare, valorizzare e professionalizzare le risorse regionali nel settore della medicina tradizionale in tutti i suoi ambiti (umano, naturale e culturale).

Concludono questo numero tematico due riflessioni critiche sull'integrazione della medicina tradizionale nei sistemi sanitari nazionali. Basandosi su una ricerca condotta, per la sua tesi di laurea specialistica, in una clinica privata non-profit in Chiapas, Elena Puglisi discute i limiti che derivano dal fornire servizi speciali e separati di medicina tradizionale a persone identificate come ‘indigene' sulla base di specifiche caratteristiche fisiche, abbigliamento e lingua. Secondo l'autrice, questa pratica è allo stesso tempo una manifestazione e una reiterazione della loro emarginazione ed un modo per legittimare l'inadeguatezza del servizio sanitario pubblico agli occhi delle popolazioni rurali povere.

Infine, ricordandoci che in molte aree rurali dell'Africa la medicina tradizionale è l'unico modo per fornire servizi sanitari di base, Adelaide Bela Agostinho, direttore generale del Centro per la ricerca e lo sviluppo sull'etnobotanica in Mozambico, suggerisce che invece di parlare di “integrazione” della medicina tradizionale in sistemi prevalentemente allopatici, la medicina tradizionale dovrebbe essere considerata come un sistema indipendente e parallelo con uguale dignità. Secondo l'autrice, dovremmo parlare dunque di articolazione tra i due sistemi, senza creare un ordine gerarchico tra di essi.

Al di là della vasta letteratura sulle terapie e le medicine tradizionali, in questo numero abbiamo voluto offrire uno sguardo particolare sulla medicina tradizionale: quello della sua articolazione con i sistemi sanitari pubblici, come importante risorsa per lo sviluppo complessivo delle comunità umane, contribuendo a dare risposta ai bisogni fisici, mentali, culturali e spirituali delle persone in un contesto globale di incertezza e scarsità di risorse economiche.


(traduzione dall'inglese di Roberta Pellizzoli)


*Sara Swartz, senior advisor del Programma Universitas, KIP Initiative, è coordinatrice del comitato editoriale di Universitas Forum.

1. http://www.who.int/topics/traditional_medicine/en/

 Universitas Forum, Vol. 2, No. 2, july 2011





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